Il turbamento che inevitabilmente accompagna la visione del sublime non concede riposo, e innanzitutto quello dello sguardo: lo spazio infinito del mare affatica la vista. Per contemplare un oggetto immenso, “l’occhio deve percorrere la vasta estensione di quelle superfici con estrema rapidità; i nervi e i delicati muscoli destinati al movimento di quella parte devono tendersi con forza, e per la loro estrema sensibilità soffrono molto di questa tensione”. L’occhio che osserva un oggetto esteso, uniforme “non ne afferra i limiti tutt’a un tratto; mentre lo osserva, non ha affatto riposo”. Ma questo esercizio ha valore terapeutico.”