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#16 Iran, Editoriale

Editoriale

Le immagini dell'Iran trasmesse dai media negli ultimi decenni, fotografia compresa, sono state contraddittorie. Più di tre decenni fa l'Iran era un bellissimo paese, la terra delle Mille e Una Notte. Un luogo del quale innamorarsi. La terra dove Agnes Varda realizzò il cortometraggio Plaisir d'Amour e dove Albert Lamorisse realizzò il suo poema cinematografico Le Vent des Amoreaux. La rivoluzione islamica del 1979 cambiò tutto in modo repentino. L'Iran è diventato un paese aggressivo con un nuovo governo dai ben marcati tratti anti-americani e anti-israeliani. Erano gli anni della Rivoluzione, con i suoi entusiasmi e fluttuazioni. Subito dopo l'invasione dell'Iran da parte dell'Iraq causò la più lunga guerra convenzionale del ventesimo secolo. Una guerra inutile e anni sanguinosi, così tanti ragazzi morti per difendere la patria, una intera generazione di giovani rubati alla vita. Case e vite distrutte; bruciate opportunità.

Guerra e Rivoluzione sono i due elementi da tener presenti per farsi un'idea della fotografia iraniana. Negli anni a seguire l'Iran restò isolato dall'esterno. Quali immagini possono essere rappresentative di tutte le contraddizioni e della realtà di questo nuovo Iran? Shirin Neshat lasciò l'Iran poco dopo la rivoluzione del '79 per studiare arte negli USA. Ritornò in Iran per la prima volta nel 1990 quando creò la serie Women of Allah e da allora ha realizzato numerosi progetti sull'Iran. È iraniana, ma non essendo stata testimone dei dieci anni della Rivoluzione e della guerra, il suo sguardo, al rientro in un paese profondamente cambiato, non è differente da quello di uno straniero. Con il suo talento ha creato una estetica misteriosa per rappresentare all'occidente una parte della realtà iraniana. Ricordiamo alcune sue immagini: un gruppo di donne che cammina di fronte al mare; è bello e poetico, potrebbe essere parte di un poema surreale. Poiché è ambientato in Iran, affronta questioni quali l'identità, la donna, l'Islam e altre che riguardano il mondo islamico. Il grande successo avuto da Neshat ha fatto sì che la nuova generazione di artisti iraniani raffigurasse il proprio paese come un luogo estraneo e strano. Le immagini dovevano essere semplici così da permettere una certa interpretazione dopo averle viste. Questi artisti sono cresciuti in Iran, dall'interno lavoravano per un pubblico che era all'esterno. La globalizzazione investiva tutto, Iran compreso: dovevano essere local per essere visti in un contesto più universale.

La nuova situazione dopo il 2000, contestualmente al diffondersi di internet, ha creato una nuova immagine dell'Iran. Guardando indietro, trovo le immagini di questa epoca. Dalla vita sociale iraniana con le sue contraddizioni al paesaggio, anche quello urbano, la fotografia è stata uno strumento per cogliere una realtà ordinaria, uno strumento per raccontare storie, e un modo per affrontare temi di importanza politica (discretamente). Ci sono anche fotografi che vivono fuori dal paese che tornano e guardano il loro paese con nostalgia e un senso di scoperta. Ci sono anche alcuni esempi della diaspora iraniana. Fotografi stranieri hanno anche trovato il modo per viaggiare nell'Iran e osservarlo da loro proprio punto di vista. Hanno affrontato realtà diverse, dalla bellezza dell'architettura alle gravi contraddizioni di un paese islamico post rivoluzionario.

Questo numero di Landscape Stories si propone di dare un senso a queste contraddizioni e misteri che riguardano l'Iran attraverso frammenti differenti. Così come di mostrare nuovi aspetti della fotografia iraniana e fotografi che fino a questo momento hanno avuto un pubblico ristretto.

Special Edition a cura di Mohannadreza Mirzaei.