Douglas Ljungkvist,
Urban Cars Brooklyn,
Unicorn,
2018
Dal 2007 Douglas Ljungkvist fotografa auto d'epoca, soprattutto nei paesaggi urbani e industriali di Brooklyn. Il lavoro è maturato in una forma coerente pronta per la pubblicazione. Il progetto è uno studio di forma, design e bellezza che documenta le automobili principalmente tra gli anni '60 e '70. Le auto sono fotografate in modo simile ai ritratti formali, di profilo e isolate da persone e altre auto. La relazione visiva tra le auto e il loro ambiente è più importante della marca, modello, anno di produzione o cilindrata del motore. Il processo è simile a quello di un fotografo naturalista che cerca animali esotici da fotografare in natura. È un po' come cercare un ago in un pagliaio. Girando per i quartieri un isolato dopo l'altro sia sul suo scooter che a piedi Ljungkvist ha perfezionato il colpo d'occhio alla ricerca di forme o colori insoliti per identificare qualcosa da aggiungere alla collezione. Ljungkvist ne ha persino seguite alcune sul suo scooter fino a che non hanno parcheggiato e ha poi atteso che il proprietario si allontanasse. Le auto americane di questa epoca sono ancora popolari per la loro estetica (maschile) e per la loro potenza. Sono state costruite pensando all'espressione individuale, per essere viste e ascoltate, in un momento in cui tutto sembrava essere grande e audace. Meccanicamente sono vetture abbastanza facili da mantenere ed è facile per un appassionato armeggiarci intorno. Le auto europee nella collezione riflettono la longevità e l'artigianalità, attributi che sono rari nelle auto moderne e dal design generico dei nostri giorni. Il lavoro è anche una celebrazione della fotografia a colori amatoriale degli anni '70 e della libertà, della voglia di esprimersi e di avventura che l'automobile rappresentava nella cultura popolare americana in un periodo in cui le persone non si preoccupavano del prezzo della benzina. Il catalogo del progetto comprende più di 750 auto.
Mezzo di trasporto o status symbol? Motore del progresso sociale o causa di disastri ambientali? Strumento di libertà o meccanismo schiavitù? Concentrato di tecnologia o dinosauro industriale? L'automobile è il fulcro indiscusso delle società moderne e dei grossi investimenti finanziari, un luogo del vivere, un catalizzatore culturale e pubblicitario, una presenza continua. Passiamo più tempo in macchina che in compagnia della famiglia. Impieghiamo più tempo a parcheggiare che a mangiare. Spendiamo più soldi per l'auto che per la salute. Inquina di più costruire una macchina, di quanto inquini essa stessa per tutta la sua vita di utilizzo.
"Urban Cars Brooklyn" di Douglas Ljungkvist sarebbe stato perfetto per quel numero e come corollario per gli interrogativi che l'editoriale sollevava. Il progetto intero infatti include più di 750 fotografie di auto realizzate a partire dal 2007 prevalentemente nelle aree urbane e periurbane di Brooklyn. In gran parte automobili vintage degli anni '60 e '70 in relazione al contesto architettonico o industriale in cui queste auto 'riposano' quando non sgasano per le strade della Grande Mela. Fotografate come fossero ritratti, di un ritratto mantengono i tratti caratterizzanti del viso e del corpo; l'identità e il carattere di chi le guida. Possiamo catalogare mentalmente marca, tipo, modello, anno oppure possiamo lasciarci affascinare dalla loro bellezza decadente, dal design accattivante o dalle loro forme bizzarre. Oggetti meccanici freddi che parlano ai nostri cuori umani pulsanti per ricordarci che cosa l'automobile ha rappresentato (o rappresenta ancora?) nella cultura popolare americana. L'elettrizzante sensazione di libertà e d'indipendenza che a volte ci accompagna appena saliamo nelle nostre roboanti autovetture. Il sogno e il miraggio di raggiungere veloci i paradisi dell'autostrada elettrica.
Il silenzio durava. Qua e là un guidatore, a disagio nella trappola dei raggi ardenti del sole, si muoveva da dietro il volante; e io ebbi improvvisamente l'impressione che il mondo si fossa fermato. Le ferite ai ginocchi e al torace erano radiofari sintonizzati su una serie di trasmittenti in funzione, e portavano i segnali, a me sconosciuti, che avrebbero rimesso in moto quell'immensa stasi e ridato ai guidatori la libertà di procedere verso le destinazioni reali stabilite per i loro veicoli – i paradisi dell'autostrada elettrica. J.G. Ballard, Crash, Bompiani ed. 1973
Gianpaolo Arena
Intervista
Douglas Ljungkvist
Gianpaolo Arena: Potrebbe dirci qualcosa di più su come è nato il suo progetto "Urban Cars: Brooklyn"? Ha iniziato il progetto con l'idea di creare un libro? Douglas Ljungkvist: Nel 2007 mi ero appena trasferito a Brooklyn e stavo valutando le aree in cui volevo fotografare. Il mio processo fotografico include il ritorno continuo in luoghi in cui mi piace passare il tempo o in cui ritorno per quello che mi comunicano. Questi luoghi si sono rivelati essere come alcune delle ultime aree industriali di Brooklyn. Quello che ho scoperto è che c'erano più auto d'epoca qui che altrove a New York, soprattutto degli anni '70. Così ho iniziato a fotografarle. Ho sempre amato queste auto per le loro dimensioni, i colori vivaci e il modo in cui si fanno sentire per la strada. Culturalmente sono sempre stato interessato alla decade degli anni '70; i colori, la moda, la musica, i film e le auto. Mentre cresceva la raccolta, pensavo che ne sarebbe uscito un buon libro. Ora la collezione include abbastanza fotografie per molti altri libri, se questo dovesse funzionare bene, e ho anche iniziato un Urban Cars LA. La maggior parte di queste macchine sono sparite adesso. Le aree industriali sono state convertite, le torri di condomini di lusso hanno iniziato a spuntare e i nuovi residenti hanno maggiori probabilità di guidare nuovi SUV e berline di lusso europee. Le strade che prima a malapena venivano utilizzate per parcheggiare, dandomi lo spazio di cui avevo bisogno, per fotografare le auto isolate come in un ritratto senza altre auto o persone nell'inquadratura, ora sono stipate di nuove auto dall'aspetto generico, parcheggiate una attaccata all'altra. Quindi, anche quando trovo un'auto che voglio fotografare, l'ambientazione non è quasi mai giusta e così me ne vado.
GA: Come si avvicina agli spazi urbani e al paesaggio industriale mentre lavora al suo progetto? DL: Come fotografo di paesaggio urbano, cerco un'immagine e "scene" di strada minimali da utilizzare come fondali. Generalmente avranno tre elementi, o meglio non li avranno; alberi, persone e, ironia della sorte, auto. Auto moderne ovviamente. Dove vivo a Brooklyn è tutto troppo bello in senso tradizionale, con case di mattoni e strade alberate disseminate di macchine. Mi piacciono le facciate bidimensionali delle aree industriali e le forme geometriche. L'abbondanza di rettangoli e quadrati, legati tra loro e trasformati in qualcos'altro che mi piace, schemi ripetuti. Mi è piaciuto passare le domeniche nelle aree industriali. Quando le attività commerciali sono chiuse, alcune di queste zone diventano tra le più tranquille e desolate che si possano trovare in una grande città come New York. Il modo in cui qualcosa appare e comunica è molto più importante per me di ciò che rappresenta. Quindi in questo senso credo di potermi considerare un po' formalista. Architettonicamente sono più interessato ad un genere spontaneo, alla successione di edifici e ad altri elementi come parte di un paesaggio rispetto a famosi edifici di per sé. Sono anche un po' un fanatico dell'architettura modernista se dovessi scegliere uno stile preferito, ma non credo che si fotografi molto bene.
GA: Come è iniziata la sua collaborazione con Unicorn Publishing? DL: Non conoscevo Unicorn Publishing fino a quando non ho visto che stavano pubblicando un libro retrospettivo su Tom Chambers. Così li ho contattati per il lavoro di Urban Cars. Sin dall'inizio sono stati molto interessati e hanno adorato il progetto. Penso anche che stessero cercando di espandersi pubblicando più libri di fotografia all'epoca. Quindi è stato fantastico! Hanno anche risorse, esperienza e distribuzione che molti editori più piccoli non hanno.
GA: Quali sono stati i suoi 3 libri fotografici preferiti negli ultimi anni? DL: Non ho guardato o comprato tanti nuovi libri negli ultimi anni. In parte, perché i miei occhi si stavano deteriorando fino al punto in cui ho avuto difficoltà a godermi la mia collezione di libri fotografici. Ora che ho avuto un doppio intervento di cataratta, il mio amore per i libri di fotografie sta tornando. Alcuni dei miei preferiti recenti sono:
Douglas Ljungkvist è un fotografo di Brooklyn originario della Svezia. Il suo lavoro esplora una bellezza spontanea che è vivida, colorata e silenziosa. Stati d'animo e atmosfera sono aspetti importanti del suo lavoro che spesso presenta sottotesti di tempo, memoria e identità. Formalmente è interessato allo studio del colore, della forma e dello spazio.