Celeste e verde all'ottanta per cento o almeno al cinquanta. Vento, neonati, cime grosse di alberi decadenti e pesci decaduti. C'è poco d'immaginario e molto di quel banale eccezionale incredibilmente rappresentato in Illuminance (Weightless Light, in versione originale americana).
Come suggerito da David Chandler, saggista del libro, e come una ninna nanna, questo favoloso volume narra fondamentalmente l'universo delle passioni dell'autrice in singole e magistrali solitudini.
Epistemologicamente inteso come indagine semiotica, riprodurre il banale eccezionale è il leit motiv di una Rinko Kawauchi che, alla dodicesima pubblicazione, vanta un repertorio d'immagini solitarie vastamente elegiaco.
La purezza, unita alla consuetudine del gesto fotografico, traghetta in quella particolare complicità femminile in cui forse l'operazione più potente e radicale è proprio nello svelare il piacere della ripetizione, una garanzia per il lettore innamorato.
L'esposizione, divenuta consolatrice, accresce un senso di appartenenza che "fascia" testualmente al racconto, estirpa il fiato fino all'ultima foto, apparentemente marginale ma prepotentemente unica.
Ecco scoperto un nuovo approccio fotografico, molto istintivo e altamente informale, insaziabile e diretto in cui l'autrice vive il bipolarismo tra la sincerità e la giustezza delle immagini e un meraviglioso inganno per gli occhi. L'epifania di un gioco, un girotondo di immagini nella combinazione di un revival.
Sebbene la registrazione della realtà sia una regola, parallelamente a questa direzione, R.W. apre la strada all'invenzione della ricercatezza quasi chirurgica, della verosimiglianza delle proprie fantasie e di quelle immagini mentali che ricreano una realtà tutt'altro che reale, piuttosto dannunzianamente cifrata in sofisticate e teatrali regie.
Questo è l'edificio narrativo di Illuminance, fabbricato con l'attitudine lenta, tipica della società orientale, che fa presagire una lunga e paziente attesa e che rende noi, eccentrici spettatori d'occidente, disarmati in un'ottica dove gli attivatori sensoriali si misurano a colpi di magia.