Landscape Stories: Ci sono fotografi, opere o movimenti artistici che l’hanno influenzata o ispirata?
Karin Apollonia Müller: Rispondendo a questa domanda indugio un po’. Temo di limitarmi con l’elencare alcuni artisti fotografi e di dimenticarne altri. Quello che ha influenzato il mio lavoro è probabilmente la scoperta dello strumento ‘fotocamera’. Esso mi ha trascinata fuori nel mondo e me lo ha fatto osservare. Cominciai a studiare illustrazione alla scuola Folkwang di Essen. Dovevamo seguire corsi obbligatori di fotografia, io non avevo mai scattato prima una fotografia. Ero ispirata dall’eplorare il mondo attraverso questo medium e mi piaceva imbattermi nell’imprevisto.
Se devo elencare i nomi di coloro i quali hanno influenzato di ù il mio lavoro, cito Casper David Friedrich, Claude Lorrain e William Turner, artisti appartenenti alla Landart come: Robert Smithson, Richard Long e Andy Goldsworthy, e gli scritti di Ralph Waldo Emerson, Henry David Thoreau e un filosofo greco di nome Plotino, di cui parlo con soggezione.
I primi fotografi che mi fecero conoscere quando studiavo furono Gary Winogrand e Lee Friedlander. Ammiro l’opera di Joel Sternfeld e Robert Adams, adoro il lavoro di Mark Steinmetz e John Gossage, ho a cuore il lavoro di Paul Graham e Wolfgang Tillmans, tra molti altri.
Landscape Stories: Quanto è stato per lei fonte d’ispirazione il cinema quando lei cominciò l’approfondimento del suo stile fotografico?
Karin Apollonia Müller: Io non ho ricercato deliberatamente un particolare stile fotografico, ho fatto giusto ciò che arrivava naturalmente. Tuttavia, stimo le opere cinematografiche di Godard, Tarkowskij e Kieslowski.
Landscape Stories: Con particolare riferimento alla differenza tra America ed Europa… Cosa l’ha attratta verso il paesaggio, gli spazi urbani e l’architettura?
Karin Apollonia Müller: Vorrei distinguere tra California e Germania o anche tra due città: Los Angeles in California ed Essen, in Germania. Essen appare come un mastodonte, compatto e chiuso, solido e radicato. La caratterizzazione del paesaggio dà la sensazione di riconoscimento di un luogo e di una posizione. Vivere a Los Angeles è provare smarrimento, la storia si muove lungo i binari del disorientamento e dell’intrattenimento. A Los Angeles è in atto un processo di trasposizione, inversione e mutamento che esula dalle definizioni di influenza paesaggistica. Questi paesaggi sembrano aver perso la loro stabilità. Comunque il mio lavoro non è limitato alla città, ed è infatti solo occasionalmente attinente all’”urbano”. “La città” è un modello per concettualizzare la fotografia oltre la terra, la gente, e le tecnologie. Il teorico urbano Henri Lefebvre asserisce che “la città” è una dialettica, un’occasione di riflessione sui fugaci ed effimeri movimenti della città. Il pensiero della città si muove in direzione del pensiero del mondo. La violenza è latente, come si vede in una particolare immagine di un uomo solitario che trasportava il suo materasso attraverso una vasta area di parcheggio. In un’altra, un uomo ha trovato quiete ed asilo da un temporale sotto un foglio di plastica arancione, e torreggianti sopra di lui ci sono linee elettriche ad alta tensione che tagliano da parte a parte impianti per il riciclaggio e binari per smistamento. Quello che è inabitabile è abitabile. L’uomo ha concepito un ambiente che appare al suolo d’una intricata ed insormontabile complessità, e tuttavia un punto di vista distante evoca il nostro fragile ruolo e lo sforzo irrilevante di mettere in ordine il mondo, come se fosse una casa sicura.
Landscape Stories: In “Angels in Fall” lei descrive una diversa Los Angeles lontana da Broadway, Beverly Hills o dall’industria cinematografica di Hollywood. Come il titolo suggerisce, la sua ricerca esplora anche il senso della contraddizione sociale e delle relazioni di classe della città. Cosa la influenza di Los Angeles? Come possiamo trovare un legame tra Los Angeles, l’ambito del luogo dove il lavoro è stato svolto, ed il suo significato?
Karin Apollonia Müller: Lo sguardo fisso dell’osservatore distaccato sembra stranamente simile all’immagine dell’infrarosso militare, al rafforzamento di sorveglianza della legge federale, e agli orizzonti prodotti dagli effetti digitali CGI che non distinguono tra umano e non-umano, l’individuale dal gruppo, bensì traccia un piano di calore, movimento, distanza, peso e velocità. I paesaggi pronti a “ricevere” o resistere all’abilità umana, sono vuoti non di gente, ma della durevolezza dell’abitazione umana. La città è divenuta un “luogo” di incertezza, dove la patria e l’identità (nel termine di Arjun Appadurai) sono situate “technoscapes” in cui “indigeno”, “tradizionale,” ed “esilio” non sono categorie fisse delimitate dai confini nazionali. Questa è la Los Angeles verso cui per decadi la gente è fuggita: città di fantasia, celebrità, Noir e fama.
Landscape Stories: “Le tipologie di paesaggio che io cerco di trovare nei miei film: esistono solo nei nostri sogni. Per me un autentico paesaggio non è soltanto una rappresentazione di un deserto o di una foresta. Mostra uno stato interiore della mente, letteralmente paesaggi interiori, ed è l’animo umano ad essere presente nei paesaggi dei miei film.” Werner Herzog (Herzog on Herzog, edited by Paul Cronin). Guardando alcune immagini del suo progetto “Angels in Fall” mi tornano in mente queste parole di Werner Herzog: condivide gli estremi del suo pensiero?
Karin Apollonia Müller: Sì! Herzog addirittura continua nel suo testo: “Questa è la mia sincera connessione a Casper David Friedrich, un uomo che non ha mai voluto dipingere paesaggi per sè, ma voleva esplorare e mostrare paesaggi interiori.” Senza alcun dubbio, io condivido i suoi pensieri. Come non avrei potuto, specialmente dopo aver precedentemente menzionato che sono stata influenzata dal movimento romantico Tedesco e specificamente da Casper David Friedrich.
Landscape Stories: In relazione al suo lavoro ‘On Edge’. Potrebbe raccontarci qualcosa in più su questo lavoro?
Karin Apollonia Müller: Volevo mostrare il potere della natura su di noi. Sono interessata a come la terra sembra continuare a sgretolarsi abusando della natura, e ai nostri disperati tentativi, noi stiamo cercando di controllare o nascondere la penetrante invasione della natura nello spazio coltivato. Volevo evocare un elevato livello di ansietà, causato dalla nostra testimonianza dei sistemi che abbiamo creato stiano raggiungendo i loro punti di rottura, e il rendersi conto che noi non sembriamo essere in grado di conservare il mondo che abbiamo creato per noi stessi. In una fotografia, per esempio, un minuscolo elicottero galleggia dentro l’abisso di fumo come un moscerino in una foresta di fuoco. In un’altra, delle case scivolano in basso su una collina come se non fossero ancorate a nulla.
Landscape Stories: Qual è stato il suo libro fotografico preferito degli ultimi anni?
Karin Apollonia Müller: Non ho guardato o comprato libri fotografici da circa un paio di anni. Non ne conosco esattamente la ragione. Ho ricominciato recentemente a guardare libri fotografici, e quello che mi ha colpito di più di qualunque altro è ‘Redheaded Peckerwood’ di Christian Patterson. L’ho comprato due settimane fa, appena prima che fosse esaurito.
Landscape Stories: A cosa sta lavorando in questo momento?
Karin Apollonia Müller: Al progetto “The Fable of the Ineffable.”
(video: https://vimeo.com/20505848 )
[Karin Apollonia Müller “Angels in Fall”](Karin Apollonia Müller “Angels in Fall”) from [Landscape Stories](Landscape Stories) on Vimeo.
Intervista a cura di Gianpaolo Arena
Traduzione a cura di Francesco Bergamo