Landscape Stories: Uno dei suoi maestri è stato Thomas Struth, in che modo il suo insegnamento ha influenzato la sua opera?
Cuny Janssen: Quando ho scoperto il suo lavoro, ho fatto domanda per un tirocinio nel suo studio e lui ha accettato. Sono stata a Düsseldorf per tre mesi nel 1999. La cosa più importante era imparare che scattare una fotografia costituisce solamente il 10% del lavoro. Ho avuto il privilegio di osservare ed assistere diversi aspetti del restante 90%. Struth ha influenzato il mio occhio, la maniera in cui incornicio un’immagine. Oltre a quello, ho imparato l’importanza delle diverse forme d’arte e come le idee ed il lavoro di altri artisti siano altamente stimolanti. A giorni alterni mi dava un libro diverso da studiare.
Landscape Stories: L’aver studiato fashion design in passato ha influenzato il suo lavoro? Il suo primo libro “India” sembra avere, in qualche modo, le sembianze di un prodotto di sartoria. Secondo lei questo libro potrebbe aver avuto origine da quell’esperienza?
Cuny Janssen: Ad un certo punto negli ultimi 13 anni ho capito – prima inconsciamente e poi coscientemente – che il mio lavoro avrebbe dovuto essere radicato nella bellezza. Questo è il motivo della mia attrazione per la moda. La bellezza crea sospetto quando rendiamo le cose più belle di quello che già sono. Allora si perde la propria credibilità. Un elemento di mistero è importante. La bellezza sta nel giusto compromesso con quel mistero.
Landscape Stories: Da una lecture che ho sentito emerge sin dagli inizi delle sua carriera un grande progetto, quello di viaggiare per il mondo per fotografare bambini e, forse dopo 20 anni, riunire tutte le fotografie e vederne differenze e somiglianze. C’e’ una ricerca di ispirazione da “Family of Man” di Edward Steichen e chiaramente anche una lezione appresa da August Sander in “Menschen des 20. Jahrhunderts/People of the Twentieth Century”. Quali affinita’ e/o differenze crede siano presenti nel suo percorso artistico?
Cuny Janssen: Il mio lavoro è anche una collezione di persone e in ogni serie queste sono connesse da una qualche caratteristica comune o situazione. Vi è inoltre una connessione tra tutte le persone nel mondo e sto cercando di visualizzare in cosa consista tale connessione. Ma sono ben consapevole della complessità sociale e culturale del mondo. Non voglio dimostrare nulla.
Landscape Stories: Citando Roberta Valtorta mi sento di dire che si mette in scena una fotografia che comprende l’esterno e gli interni, i volti delle persone e gli animali, perché tutto è paesaggio. Il suo lavoro si concentra su bambini e natura. Ci può parlare della relazione che esiste tra questi due elementi e che valore assumono nel suo lavoro?
Cuny Janssen: In termini pratici, ovunque io vada il paesaggio è sempre parte del mio viaggio. Uno degli attributi più affascinanti della natura è la sua indifferenza. Non importa cosa succeda, la natura continua a crescere, come l’umanità stessa. Tutto nella natura è biologicamente determinato e tuttavia non smettiamo mai di essere commossi da quello che vediamo. In un paesaggio mi ritrovo a cercare – spesso a lungo – l’energia della creazione. Alle volte è un momento, un albero, un pattern… o piuttosto una particolare luce in cui riconosco qualcosa. Qualcosa di incomprensibile. Quello è il momento di cui sono sempre in attesa. Mentre mia figlia di tre anni alle volte raccoglie una pianta e semplicemente la osserva, senza interrogarsi del suo significato, io cerco di scoprire la connessione diretta a quel mistero in entrambi, sia nei paesaggi sia nei ritratti.
Landscape Stories: Lei dice che riesce a gestire meglio il rapporto con i bambini attraverso l’uso di una camera di grande formato “4×5”. Ci può parlare del suo modus operandi e dei suoi intenti?
Cuny Janssen:Dal momento che la messa a fuoco con la mia macchina fotografica professionale richiede tempo, scatto una sola foto per volta. Alle volte il problema è che il soggetto assume inconsciamente una posa innaturale, il che rende difficile ottenere la foto che avevo in mente. Ma in genere i miei soggetti vogliono soddisfare il fotografo. È un processo intenso e quell’intensità si vede nelle mie foto.
Landscape Stories: Ho notato che, specialmente in “My Grandma Was a Turtle”, la distanza tra lei e il soggetto fotografato varia continuamente. Potrebbe spiegarci come trova il giusto equilibrio, l’empatia necessaria, tra lei e il suo soggetto?
Cuny Janssen: Ogni situazione richiede la giusta distanza, anche in un paesaggio. A volte si può essere più intimi e altre volte è necessario prendere più distanza. È un processo naturale più che una scelta o un sistema.
Landscape Stories: Quali influenze ha nei suoi lavori di paesaggio il libro “Why People Photograph” scritto da Robert Adams? Cos’è cambiato nelle sue fotografie di paesaggio tra “Macedonia” e “Yoshino”?
Cuny Janssen: Adams si concentra sulla bellezza e sulla perdita del paesaggio Americano. Il suo libro “Why People Photograph” ha avuto un’influenza decisiva su di me. Dopo aver letto i suoi saggi su Judith Joy Ross e Susan Meiselas, ho capito che leggere di altri fotografi e artisti è una delle cose più importanti che si possano fare, oltre a fotografare. Senza riflessione non c’è significato. Se c’è stato un cambiamento nei miei paesaggi, direi che ora sono più monumentali, specialmente nel libro “Yoshino”. Sono sempre più interessata alla ‘fotografia democratica’ di William Eggleston.
Landscape Stories: Nelle sue lecture parla spesso di hineininterpretierung, che significa dare o mettere un significato a qualcosa dopo che è successo, interpretare un significato nascosto. “Tokyo Compression” di Michael Wolf: che cosa la affascina di questo progetto? Ha in qualche modo qualcosa a che fare con il suo lavoro?
Cuny Janssen: Ho mostrato il suo lavoro durante una mia lezione perchè se si guarda alle immagini della serie “Tokyo Compression” per la prima volta, si può avere un’idea completamente diversa di quello che esse rappresentano realmente. Le immagini sono allarmanti e generano domande perchè sembra che queste persone stiano soffrendo, ma allo stesso tempo sono belle. Quando comprendi che queste persone stanno andando al lavoro, nella metropolitana, le osservi in maniera diversa. A prima vista il lavoro e’ forte, ma il contesto lo rende ancora più forte. Nel mio libro “Portrait/Landscape” l’osservatore vuole vedere la Guerra, perchè sa che i bambini l’hanno vissuta. Il contesto della guerra influenza il modo in cui si osservano i ritratti e anche i paesaggi. Ma il dubbio sul fatto che sia realmente visibile permane.
Landscape Stories: Non posso non notare l’estrema cura nel design dei suoi libri, tutti realizzati dallo stesso designer. Quando inizia un progetto ha già in mente che tipo di libro realizzare? Tutti i suoi libri sono self publish, quanto importante è il rapporto con il grafico nel self publishing?
Cuny Janssen: A dire il vero solamente “India”, il mio primo libro, è stato autoprodotto. Gli ultimi quattro libri sono stati pubblicati dalla Snoeck Verlag di Colonia. Ma la si può vedere come una collaborazione tra me e l’editore, perchè anch’io vendo e distribuisco i miei libri. Mi piace che il libro viva e con esso la libreria. Internet e le librerie fisiche dovrebbero andare a braccetto. Dalla mia esperienza posso dire che una buona relazione tra designer e fotografo è molto importante. Non ho mai un’idea di un libro specifico prima o mentre scatto fotografie. Una volta che i risultati di un progetto sono sul tavolo è il momento per Sybren, il mio designer, di dare una prima e fondamentale impressione. Prima guarda semplicemente il materiale in maniera più aperta possibile, in maniera da avere una propria idea sul lavoro. Dopodichè entro in scena io e iniziamo a costruire il libro assieme.
Landscape Stories: So che al momento sta lavorando sulla città di Napoli. Potrebbe dirci qualcosa di questo progetto? Quali progetti ha in mente per il prossimo futuro?
Cuny Janssen: Un paio di settimane fa ho visitato Napoli per la quarta volta e ho realizzato solo in seguito di essere stata lì in primavera, estate, autunno e inverno. Ho fotografato bambini Rom in situazioni critiche, ma ho anche fatto ritratti a bambini con genitori benestanti. Ci sono immagini della città con i suoi palazzi, ma anche alcune scattate nell’orto botanico. Sono stata anche a Paestum e Procida. Mi sono innamorata di Napoli durante la mia prima visita. È una città romantica ma allo stesso tempo c’è un sacco di caos. Sono curiosa anch’io di vedere come saranno le mie fotografie alla fine. Ora sto lavorando ad Amsterdam, la città in cui vivo. Dopo tredici anni di viaggi intorno al mondo, ho scoperto che tutto quello che stavo cercando era proprio di fronte a me.
Intervista a cura di Marina Caneve
Traduzione a cura di Michela Leoni