Interviste

Johnny Miller • Fotografo, Sudafrica

Unequal Scenes

Landscape Stories: Quali sono gli artisti o gli scrittori che maggiormente la hanno influenzata quando ha iniziato e quali sono le radici del suo lavoro?
Johnny Miller: Credo che la persona che mi abbia maggiormente influenzato sia stata mio padre. Egli è un cartografo e un marinaio, e, in casa, c'erano sempre atlanti, mappamondi e mappe da cui ero affascinato. È come se avessi percezione di me stesso solo se parte del mondo. Geograficamente mi trovo e mi oriento meglio piuttosto che con la memoria o l'intuizione.

Sono influenzato dalle forme classiche di fotografia e arte, ma anche da politica, economia e tecnologia, che non sono tradizionalmente associate al "mondo dell'arte". Mi piace molto, ad esempio, cosa sta facendo Forensic Architecture (una società di design con sede a Londra), che usa l'arte e il design per fornire prove legali in casi criminali internazionali.

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© Johnny Miller – Unequal Scenes

Landscape Stories: Potrebbe descrivere il suo primo contatto con la fotografia, sia come fruitore che come artista?
Johnny Miller: Soltanto in un secondo momento ho considerato la fotografia come qualcosa inerente la mia carriera. Ho iniziato a fare video durante un tirocinio non retribuito quando avevo 29 anni, e, in pratica, ho imparato la fotografia come una passione secondaria. Credo che se sei interessato al giornalismo e al lavoro fotografico sui documentari, devi avere una varietà di abilità, non tutte correlate direttamente alla creazione di immagini. Occorre un profondo interesse e curiosità per il mondo circostante e per le persone che lo abitano. Occorre essere flessibile, a tuo agio in situazioni scomode, veloce, reattivo e bravo con le persone che leggono. Occorre essere una persona brava negli affari, che sa gestire i soldi e organizzare la logistica. La lista potrebbe continuare all'infinito.

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© Johnny Miller – Unequal Scenes

Landscape Stories: Come descriverebbe il suo linguaggio fotografico, il suo modo di lavorare e il suo processo creativo?
Johnny Miller: Il mio lavoro aereo è molto diverso dal mio lavoro documentario, e in quanto tale anche il processo è molto diverso. Con il rilevamento aereo, la fotocamera rimuove senza sforzo tutti i dettagli e le sfumature attraverso l'ampia lente e la posizione nel cielo. Questo rende facile trovare forme, colori ed equilibrio, ma anche un legame intimo con le nostre storie urbane, che sono probabilmente più affini all'arte Modernista che ad altro.

Il processo creativo è qualcosa che avviene, all'istante. Ovviamente faccio ricerche e pianifico, ma solo nel momento in cui sono al lavoro posso dire quali immagini funzioneranno e quali no. Nel lavoro fotografico tradizionale devo lavorare con le persone per trovare questi momenti; con un drone opero senza pensarci troppo: si accende un'altra parte del mio cervello, quella creativa, e lascio che faccia il suo lavoro.

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© Johnny Miller – Unequal Scenes

Landscape Stories: Nel suo lavoro vedo una certa relazione dell'uomo con la natura e lo spazio; una sorta di "paesaggio simbolico" è ricorrente. Secondo lei in che modo il paesaggio potrebbe essere considerato fisico, mentale o psicologico?
Johnny Miller: In realtà non considero i paesaggi simbolici, li considero espliciti. Queste sono letteralmente le "storie inscritte" nel nostro mondo (come scrive Eyal Weizman di Forensic Architecture). Ciò che mi affascina con la fotografia aerea è il modo in cui rende evidente la nostra complicità nei progetti della nostra città. Mi ha sempre affascinato immaginare anni fa gli uomini sedere in piccole stanze, fare progetti e disegnare schizzi, pianificando come sarebbero state le nostre città, come avrebbero funzionato i nostri lampioni stradali, come sarebbero stati disposti i nostri parchi. Viviamo letteralmente nella storia scritta da qualcun altro, in uno schizzo di vita da urbanista. Per me è sempre stata una rivelazione che mi ha fatto sentire un po' male, soprattutto quando guardo e vedo come sono rovinate molte nostre città, e come, attraverso il mio contratto sociale, sono complice.

Landscape Stories: Potrebbe descrivere la sua esperienza di fotografare un posto in cui non è mai stato prima?
Johnny Miller: Buona parte della ricerca consiste nel trovare il giusto posto e le storie che voglio raccontare. Per "Unequal Scenes" è abbastanza importante per me accertarmi che le località che fotografo siano proprio ineguali; questo può comportare parecchio lavoro su giornali, riviste e fonti di dati. Non tutto è come sembra dall'aria. Naturalmente mi affido anche a persone del posto, amici e partner per aiutare a gestire e realizzare il progetto.

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© Johnny Miller – Unequal Scenes

Landscape Stories: In "Unequal Scenes" sembra che le interessi una sorta di geografia umana, in altre parole il paesaggio antropologico e la sua influenza sui suoi abitanti. È così?
Johnny Miller:  Credo di aver già risposto precedentemente. Comunque sono molto più interessato ai paesaggi urbani che, ad esempio, ai paesaggi naturali o persino alle combinazioni uomo-natura. Questo perché gli umani mi affascinano; il modo in cui ci trattiamo l'un l'altro, i sistemi che sviluppiamo e il modello di un sistema emergente che è una città. Guardare una città dall'alto, guardare pigramente un paesaggio, prescindendo dal significato, è piacevole di per sé.

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© Johnny Miller – Unequal Scenes
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© Johnny Miller – Unequal Scenes

Landscape Stories: Come si evolve il progetto da quando lo inizia? Come sceglie i luoghi che fotografa?
Johnny Miller: Il progetto si è evoluto man mano che mi sono evoluto io come persona. Questo progetto è molto personale per me, e la quantità di tempo e sforzi per sviluppare me stesso in una persona migliore spero passi nelle immagini mentre esse si svolgono nella fase successiva che conterrà uno sguardo più profondo e tradizionale alle linee di confine e alle persone che abitano ogni parte del "Divide", attraverso ritratti e storie. Scelgo le fotografie attraverso una lista dei desideri che ho, che confronto con i fondi disponibili e la fattibilità logistica. Ci sono molti posti da fotografare che non hanno eguali al mondo, non tutti funzionerebbero per il mio progetto. E mentre mi piacerebbe, semplicemente non posso permettermi di viaggiare in ogni posto dove si verifica la disuguaglianza. Quindi è un equilibrio quello che ricerco con le mie aspirazioni.

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© Johnny Miller – Unequal Scenes

Landscape Stories: In riferimento a "Unequal Scenes" quali sono le ragioni che la hanno spinta a occuparsi di questi luoghi? Come può la fotografia avere un significato politico? Quanto sono importanti per lei gli aspetti politici, economici e sociali della sua ricerca? In che misura il suo lavoro rappresenta e riflette i tempi attuali?
Johnny Miller: La ragione per cui ho iniziato "Unequal Scenes" è perché la disuguaglianza è pervasiva, sistemica e sta peggiorando. Questo è il mio tentativo di provocare una discussione per cercare di trovare una soluzione. La grande disuguaglianza non è un fenomeno inevitabile. È reso possibile solo da un attento intervento del potere attraverso complessi meccanismi politici ed economici. Alcune disuguaglianze sono una buona cosa e possono essere motivanti, ma una grande disuguaglianza - e non la definirò molto più di così - è una cosa molto negativa. E farei un ulteriore passo avanti e la chiamerei una cosa "immorale". È dovere di ciascuno guardare criticamente alla società e, se necessario, far sentire la propria voce. Altrimenti si, è il peggior tipo di cittadino - una pecora egoista.

Il fatto che alcuni sistemi capitalistici tendano a una disuguaglianza incontrollata non si basa su una più ampia tendenza all'avidità, come molti pensano. È più simile a un'impresa criminale "gioca il sistema" per potenziare alcuni a scapito di molti. Penso a quello 0,01%, il super-ricco e la nostra complicità nel permettere loro di accumulare quella ricchezza a causa della falsa speranza che un giorno, forse, ci arriveremo anche noi. Questa complicità è ciò per cui la maggior parte delle persone ha un problema, ed è anche il punto in cui metto a fuoco la mia macchina fotografica: i super-ricchi non vivono accanto ai super-poveri. Noi lo facciamo. La classe media. Noi. Noi, gli obiettivi del mio lavoro.

"Natural Ability" è la critica principale che sento al mio progetto. Ma la respingo con tutto il cuore. Le persone non sono naturalmente pigre o povere: le nostre capacità sono disseminate allo stesso modo per sesso, razza e geografia. L'unico fattore decisivo è l'intervento umano. Gli umani hanno deciso come dovrebbero apparire le nostre città e chi vive dove. Gli umani hanno deciso come dovrebbero funzionare le nostre economie, le regole con le quali giochiamo. Gli umani compiono scelte arbitrarie di pregiudizio e discriminazione. Niente di tutto ciò è naturale. E le nostre città lo riflettono.

Ma invece di crogiolarmi nella disperazione, scelgo di vedere speranza e possibilità nelle immagini di "Unequal Scenes". Vedo una storia scritta che può essere cancellata, ridisegnata e rimappata. Vedo un problema che abbiamo causato e che possiamo risolvere. Vedo opportunità, ma vedo anche il riconoscimento: riconoscimento che questo è stato documentato, in modo che non accada di nuovo.

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© Johnny Miller – Unequal Scenes

Landscape Stories: Il numero 26 di Landscape Stories Habitare riporta l'attenzione su vivere un luogo, una città, un quartiere, una casa, una stanza. Abbiamo citato Il Condominio di Ballard (1975) : "Il condominio stava creando un nuovo tipo sociale, con un carattere freddo, poco emotivo, refrattario alle pressioni sociali della vita collettiva, che non sentiva il bisogno di privacy, come una specie di macchina che si faceva strada, attraverso quella atmosfera neutrale. Erano i tipi che si limitavano a starsene contenti e soddisfatti nei loro lussuosi appartamenti, a guardare la TV tenendo l'audio abbassato, in attesa che i coinquilini commettessero qualche passo falso." In questa storia fantascientifica e distopica, Ballard descrive gli abitanti del blocco della torre come abitanti costretti a vivere in gabbia. La struttura del potere è metaforica, verticale e gerarchica. In un altro modo, in "Unequal Scenes", lei ritrae scene di disuguaglianza in tutto il mondo dal cielo con un drone. Gli strati urbani appaiono piatti, la struttura di queste grandi mappe evidenzia la natura sistemica della disuguaglianza. Per favore, potrebbe spiegarcelo in modo più approfondito?
Johnny Miller: È una domanda interessante, una cosa che non avevo davvero preso in considerazione fino ad ora. Ma ha ragione, c'è una certa piattezza per le immagini di "Unequal Scenes". Mi chiedo se forse il fatto che queste foto siano così popolari, così rilevanti per le persone, non sia dovuto proprio a quella piattezza. Le persone possono vedere se stesse riflesse nei quartieri ricchi, possono considerarsi come "ceto medio" e identificarsi con le fotografie. Questa piattezza ci rende complici, ma ci dà anche potere, potere comune.

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© Johnny Miller – Unequal Scenes

Landscape Stories: Quali sono i suoi piani per il futuro?
Johnny Miller: Voglio fare tre cose:

unequalscenes.com

Intervista a curated di Gianpaolo Arena
Traduzione a cura di Sergio Tranquilli