Interviste

Reiner Riedler • Photographer, Austria

Fake Holidays

Landscape Stories: Potrebbe descrivere le sue prime esperienze con la fotografia, sia come spettatore che come artista? Quali sono stati i suoi primi interessi come fotografo?
Reiner Riedler: Sono una persona molto curiosa. Mi è sempre piaciuto osservare ciò che mi stava intorno. Quando avevo 12 anni ho ricevuto una macchina fotografica per Natale. Ho fotografato i nostri cani e i gatti e fatto alcuni ingenui esperimenti fotografici. Il mio primo approccio alla fotografia non è stato di tipo guidato. Seguivo il mio istinto di bambino riguardo le cose che fotografavo. Quando avevo 17 anni fotografavo per un giornale locale, e mi sarebbe piaciuto in quel momento avere comunque una guida, un mentore artistico. La mia educazione fotografica è iniziata abbastanza tardi, tanto che sento ancora che mi manca qualcosa da quel punto di vista.

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© Reiner Riedler – Out of Paradise
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© Reiner Riedler – Out of Paradise
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© Reiner Riedler – Out of Paradise

Landscape Stories: Quali artisti hanno influenzato maggiormente i suoi inizi? Su quali basi si fonda il suo lavoro, quali sono le sue radici?
Reiner Riedler: Come fotografo con un background etnografico ero interessato a viaggiare. In realtà la mia carriera è iniziata come fotoreporter. Pubblicavo le mie storie su riviste, per lo più reportage autoprodotti. Questa conoscenza del modo in cui i media pensano e lavorano è tuttora essenziale anche per i miei progetti artistici.
Le mie prime influenze, quelle che mi hanno colpito profondamente sono stati i Fotografi Magnum del periodo di Sebastiao Salgado e, naturalmente, Henry Cartier Bresson, in seguito anche Martin Parr. Ho anche sentito una certa vicinanza con gli artisti Espressionisti e Surrealisti, e successivamente con i pittori del Romanticismo come Caspar David Friedrich. Anche Francisco Goya è stato importante per me.

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© Reiner Riedler – Out of Paradise
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© Reiner Riedler – Out of Paradise

Landscape Stories: Ha iniziato a studiare etnologia. Che cosa in particolare la ha attrata verso la fotografia?
Reiner Riedler: Come ho detto, sono sempre stato molto curioso. Viaggiare, osservare, ricercare e scoprire nuove realtà è sempre stato il mio principale interesse. Perciò ho studiato l'etnologia, che però ho abbandonato, quando ho scoperto che questi studi non potevano soddisfare i miei desideri come invece lo faceva viaggiare. A quel tempo questa disciplina era ancora caratterizzata da una visione imperialistica verso altre culture. Ma sono sempre stato molto aperto come persona e non volevo subordinare il mio lavoro a una rigida struttura scientifica. Sentivo che avevo davvero bisogno di esprimermi con un approccio più personale ai temi a cui stavo lavorando.

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© Reiner Riedler – Out of Paradise
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© Reiner Riedler – Out of Paradise

Landscape Stories: Come descriverebbe il ​​suo linguaggio fotografico e il suo processo creativo? Quanto è importante il lavoro preparatorio? Ha un metodo di lavoro che segue ogni volta o varia per ogni progetto?
Reiner Riedler: Ci sono dei periodi in cui studio fenomeni sociali o politici che mi influenzano come persona. In questi momenti questo tipo di osservazione mi assorbe totalmente, fino a che i miei pensieri diventano un tutt'uno con il corpo di lavoro. Continuo a fidarmi molto del mio istinto. Quindi se la mia pancia mi parla, io ascolto attentamente. D'altra parte la fase di incubazione può durare molto a lungo. A volte tengo aperte le varie opzioni all'interno del processo per un tempo molto lungo. Magari questo porta ad avere più lavoro da fare, ma mi dà la possibilità di cambiare direzione in qualsiasi momento. Uno dei metodi creativi che utilizzo è quello di organizzare e raccogliere le immagini. A volte inizio un progetto senza sapere che direzione prenderò, ma sento che c'è comunque qualcosa da fare così inizio a scattare senza nessuna idea precisa. Sviluppare un concetto dalla crescente serie di immagini mi aiuta molto a capire e rendere tangibili le cose. Adoro fotografare e mettere le foto su un tavolo per comprendere cosa sto davvero facendo.

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© Reiner Riedler – Pleasure Gardens, 2007
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© Reiner Riedler – Pleasure Gardens, 2007

Landscape Stories: "Che il cielo esista, anche se il mio posto è all'inferno. Ch'io sia oltraggiato e annientato. ma che per un istante, in un essere, la Tua enorme Biblioteca si giustifichi." Jorge Luis Borges, "La Biblioteca di Babele", 1941
Il tema del Paradiso è un argomento che faceva già parte di alcuni dei suoi lavori come "Out of Paradise", "Fake Holidays" o "Pleasure Gardens". Sta criticando la società, la cultura contemporanea o la cultura del consumatore? In che misura il suo lavoro rappresenta e riflette il presente?
Reiner Riedler: Ha ragione, quel tema del paradiso è qualcosa che si può trovare in alcuni dei miei progetti. Oltre agli aspetti socioculturali, è basato su una mia caratteristica personale. Sono una persona irrequieta. L'irrequietezza è forse una delle mie principali motivazioni al lavoro. L'irrequietezza si basa su un profondo desiderio. C'è questo meraviglioso termine tedesco "Sehnsucht". Descrive la ricerca e il desiderio di uno stato o una persona che amiamo in un modo a volte doloroso. Io come persona, sono pieno di "Sehnsucht". L'idea del Paradiso è legata a "Sehnsucht", in particolare per l'espulsione dal Paradiso. Simile al mito di cui parla Platone nel Symposium in cui descrive "Sehnsucht" come la ricerca dell'altra metà del corpo.
Penso che i miei lavori (con pochissime eccezioni) siano sempre basati su qualche contesto sociale. Quindi, sì, riguarda principalmente le persone, i loro comportamenti, i loro sogni e i loro desideri.

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© Reiner Riedler – Pleasure Gardens, 2007
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© Reiner Riedler – Pleasure Gardens, 2007

Landscape Stories: Come è iniziata la sua collaborazione con Ulrich Seidl? La sua trilogia cinematografica "Paradise", "Love", "Faith and Hope" e molti dei suoi film mescolano spesso finzione e saggistica. Noto che anche lei oltrepassa il confine tra narrativa e documentario. Quanto è importante per una buona immagine avere queste caratteristiche?
Reiner Riedler: Questo è stato davvero divertente. Gli ho chiesto se gli sarebbe piaciuto incontrarmi perché sentivo una vicinanza tra i nostri lavori. Dopo che ci siamo incontrati, mi ha chiesto di accompagnarlo per il suo progetto Paradise. Questa è stata una grande coincidenza avvenuta poco dopo aver pubblicato il mio libro "Fake Holidays".
Mi definisco fotografo documentarista da molto tempo. Ho sempre cercato di trovare un approccio personale ai temi a cui ho lavorato. Mi piace raccontare storie, così oltre al mio approccio documentaristico c'è sempre un aspetto narrativo. Ma il mio lavoro non sarà mai solo narrativo. Le mie fotografie sono sempre basate sulla realtà, anche se a volte nascosta tra livelli differenti.

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© Reiner Riedler – Pleasure Gardens, 2007
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© Reiner Riedler – Pleasure Gardens, 2007
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© Reiner Riedler – Pleasure Gardens, 2007

Landscape Stories: Condivide gli aspetti del pensiero e della lezione di Ulrich Seidl? Che ricordo ha dei suoi rapporti sia sul piano umano che professionale? Per quanto riguarda la sua influenza personale e professionale, è stato importante per il suo percorso?
Reiner Riedler: Credo profondamente che, come fotografo, devo essere sempre molto onesto quando ho a che fare con altre persone. Questo mi aiuta molto, perché non fa differenza se il mio approccio è personale o professionale. Soprattutto quando lavori con persone che non godono di molti privilegi, in questi casi si ha un'enorme responsabilità.
Uno dei miei primi progetti riguardava i senzatetto a Vienna. Ho lavorato per alcuni anni su quel progetto. Sono stato molto vicino a pubblicarlo in un libro. Ora invece sono molto felice che quel lavoro non sia stato pubblicato. È un buon lavoro, ma non sono ancora sicuro che un lavoro di questo tipo sia destinato a diventare un libro.
Quando lavoravo a "Pleasure Gardens" a un certo punto mi sono interrotto, perché sentivo di dover fare un ulteriore passo avanti per entrare in questa società, se capisce cosa intendo...

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© Reiner Riedler – Fake Holidays, Moser Verlag, Munich, 2009
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© Reiner Riedler – Fake Holidays, Moser Verlag, Munich, 2009
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© Reiner Riedler – Fake Holidays, Moser Verlag, Munich, 2009

Landscape Stories: Potrebbe descrivere la sua esperienza relativa a fotografare un posto in cui non è mai stato prima? Come reagiscono le persone in un paese straniero mentre le fotografa? Come riesce a mettere in posa questi soggetti? Come li ha incontrati?
Reiner Riedler: Oltre ai soliti preparativi per un viaggio, faccio ricerche molto approfondite e contatto delle persone in anticipo, persone che vivono nel paese o hanno esperienza di viaggio in quei luoghi. Di solito so esattamente cosa mi aspetta se viaggio in un certo paese. Se penso che sia un posto con una lingua un po' esotica, preferisco usare un interprete. Aiuta ad avvicinare le persone mentre stai scattando e ad organizzare gli spostamenti. E inoltre aiuta a mettere in contatto mentalità differenti.

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© Reiner Riedler – Fake Holidays, Moser Verlag, Munich, 2009
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© Reiner Riedler – Fake Holidays, Moser Verlag, Munich, 2009

Landscape Stories: In "Fake Holidays" sembra che le interessi una particolare specie di geografia umana, in altre parole il paesaggio antropologico e la sua influenza sui suoi abitanti. Gli esseri umani e il loro ambiente stanno cambiando molto velocemente negli ultimi decenni. Il nostro sistema di valori sta collassando nella ricerca incessante e continua dei propri desideri e di una profonda soddisfazione. Qual è il suo pensiero a questo riguardo?
Reiner Riedler: I posti che ho scelto per "Fake Holidays" sono normalmente basati su interessi commerciali. A volte ci sono grandi aziende che gestiscono questi luoghi. Soprattutto se pensi a parchi di divertimento o posti come Las Vegas. Per organizzare un servizio fotografico, per prima cosa devi avere a che fare con le autorità competenti. Quando inizi ad osservare questi luoghi, incontri molte persone che poi si riveleranno essere gli "attori" principali delle mie foto. Ma in tutta onestà non ho molti contatti con queste persone, sono più che altro passanti all'interno delle immagini. Credo che ci stiamo allontanando sempre di più dalla natura. Questa è la ragione per cui questi simulacri funzionano, perché non c'è nessun pericolo ad andare lì, ma ti sembra comunque di vivere un'avventura.

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© Reiner Riedler – Fake Holidays, Moser Verlag, Munich, 2009
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© Reiner Riedler – Fake Holidays, Moser Verlag, Munich, 2009

Landscape Stories: A proposito di "Fake Holidays"... emerge con forza in questo lavoro la rappresentazione fuorviante dell'industria del turismo, con i suoi stereotipi prodotti in massa e la sua falsa autenticità. Come sceglie i luoghi che fotografa? Qual è il viaggio ancora possibile oggi?
Reiner Riedler: All'inizio ho fatto delle ricerche da solo. La mia curiosità mi ha portato verso i primi posti da visitare. Dopo circa 2 anni di lavoro ho iniziato a mostrare ciò che avevo fatto, così le persone hanno potuto darmi consigli e idee sui altri posti da visitare.

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© Reiner Riedler – Fake Holidays, Moser Verlag, Munich, 2009
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© Reiner Riedler – Fake Holidays, Moser Verlag, Munich, 2009

Landscape Stories: "In uno stato di insicurezza, gli strumenti di controllo meccanizzati assumono un significato particolare. La sorveglianza e l'ispezione dei dati sono completamente automatizzate ed emettono segnali di allarme, sui quali l'essere umano deve prendere una decisione. Tutti sono felici quando il dispositivo soddisfa il suo scopo e invia segnali di avvertimento in caso di necessità. La fiducia nella macchina e il suo meccanismo logico di ingranaggio deriva dall'idea che l'essere umano stesso è una macchina ". Fritz Franz Vogel

Riferendosi al suo lavoro "WILL - The Lifesaving Machines", la sua biografia e il concept seguono una linea sottile... Che influenza hanno avuto l'uno sull'altro? Come si è evoluto il progetto da quando ha iniziato a scattare?
Reiner Riedler: Ho sempre sentito una forte connessione tra i due lavori "Fake Holidays" e "Will – The Lifesaving Machine". Si tratta di mettere in discussione il nostro essere e il nostro comportamento in certe situazioni – e inoltre c'è sempre il tema della natura e della simulazione. Una macchina cuore polmone per esempio simula la funzione del nostro cuore e dei polmoni. Lascaux 2 simula la grotta originale.

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© Reiner Riedler – WILL - The Lifesaving Machines, lafabrica, Madrid, 2016
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© Reiner Riedler – WILL - The Lifesaving Machines, lafabrica, Madrid, 2016

Landscape Stories: Insegnare Fotografia: fino a che punto è possibile insegnare la fotografia?
Reiner Riedler: Ho sempre pensato che sarei stato un pessimo insegnante, invece ho scoperto di avere una buona sensibilità nel capire e indirizzare il lavoro degli altri. Non sono un insegnante a tempo pieno, tengo dei workshop per alcuni periodi di tempo limitato. La domanda più importante che mi piace fare agli studenti è: "Perché lo stai facendo?"

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© Reiner Riedler – WILL - The Lifesaving Machines, lafabrica, Madrid, 2016
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© Reiner Riedler – WILL - The Lifesaving Machines, lafabrica, Madrid, 2016

Landscape Stories: Quali libri sulla fotografia consiglierebbe?
Reiner Riedler: Viviamo in un'epoca di produzione di massa di libri. Non tutti i libri rimarranno nella storia dei libri di fotografia. Amo ancora il libro "Afronauts" di Christina de Middel. È un libro così piccolo, ma perfetto sotto qualsiasi aspetto. L'approccio allo storytelling, il modo in cui è realizzato, ecc. Per me un libro di fotografia è sempre il risultato della visione di un autore. Ma è anche importante dire che la cosa fondamentale deve restare la fotografia. Il modo manieristico di realizzare libri di fotografia, invece, a volte sovrasta il potere della fotografia.

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© Reiner Riedler – WILL - The Lifesaving Machines, lafabrica, Madrid, 2016
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© Reiner Riedler – WILL - The Lifesaving Machines, lafabrica, Madrid, 2016

Landscape Stories: Quali sono i suoi progetti per il prossimo futuro?
Reiner Riedler: L'anno scorso ho fondato la casa editrice "Reflektor" – che pubblica libri fotografici - con alcuni amici della scena fotografica. Si percepisce una bella energia e stiamo aumentando sempre di più come numero di persone coinvolte. Abbiamo dei piani per il futuro, come partecipare a fiere e festival. Per quanto riguarda il mio lavoro, voglio finalmente pubblicare la mia serie "Sweat". E un progetto molto recente, che dura già da circa 15 anni, si chiama "Volksfest". Ci ho lavorato intensamente negli ultimi anni. "Volksfest" è forse la continuazione di "Fake Holidays". Ma il progetto più importante adesso è la mia famiglia.

www.photography.at

Intervista a cura di Gianpaolo Arena
Traduzione a cura di Christian Tognela