Noi stessi siamo gli artefici di un mostro che, una volta innescato, sta rapidamente consumando le risorse e lo spazio fisico del nostro pianeta. Le macchine siamo noi, come nel romanzo Frankenstein di Mary Shelley.
Mi viene in aiuto il testo presente nel retrocopertina dell'edizione italiana di Per una filosofia della fotografia di Vilém Flusser che cita:
C'è ancora spazio per la libertà dell'uomo in un mondo in cui l'immagine si fa sempre più simbolo vuoto, in cui la tecnologia e le macchine si impossessano sempre di più del nostro quotidiano e i nostri pensieri e i nostri desideri sembrano robotizzarsi ogni giorno che passa? Muovendo da questa fondamentale domanda, Flusser si avventura nell'analisi di una disciplina imprendibile, dai contorni sfumati, in cui il confine tra tecnica e arte, tra riproduzione ed espressione, risulta per definizione ambiguo. Ridotta al mero statuto di duplicazione della realtà, svuotata del suo senso primario di "ricostruzione del mondo", la fotografia è per Flusser l'emblema della pericolosa deriva che oggi rischia di travolgere gli esseri umani: quello di essere schiavi di una tecnica priva di fondamento. Ecco il perché di una filosofia della fotografia: solo attraverso un suo ripensamento l'uomo potrà scongiurare la minaccia di asservimento alle macchine e ridare spazio a quella libertà e a quel senso che nell'era postindustriale sembra avere smarrito.
Nonostante la relazione tra la macchina e l'atto del fotografare sia stata indagata dalla genesi dello strumento stesso è diventata e sarà sempre più centrale negli anni a venire.
màcchina (ant. màchina) s. f. [dal lat. machĭna, che è dal gr. dorico μαχανά, attico μηχανή]. – 1. In senso storico e antropologico, qualsiasi dispositivo o apparecchio costruito collegando opportunamente due o più elementi in modo che il moto relativo di questi trasmetta o anche amplifichi la forza umana o animale o forze naturali (come quelle prodotte dall’acqua e dal vento), e capace di compiere operazioni predeterminate con risparmio di fatica o di tempo. Rispetto agli strumenti più semplici costituisce uno sviluppo in quanto sistema complesso che consente un impiego più razionale della forza e realizza, nell’ambito delle attività umane (caccia, agricoltura, navigazione, produzione di manufatti, ecc.), procedimenti caratterizzati da uniformità, regolarità, ciclicità, i quali riproducono, su scala diversa, modelli costituiti da capacità umane o da eventi naturali, incorporando innumerevoli osservazioni collettive e perfezionamenti tecnici, a loro volta socializzati e (in contesti culturali omogenei) trasmessi grazie alla macchina stessa. Tra i primi esempî di macchine sono le trappole per la cattura di animali, l’arco e la freccia, l’altaleno per il sollevamento dell’acqua, le imbarcazioni a remi o a vela, il mantice, il telaio per la tessitura, il tornio da vasaio, il trapano ad archetto, ecc. In tempi moderni, si precisa il concetto di macchina come mezzo di lavoro: il suo uso generalizzato e intensivo determina, nella civiltà occidentale, lo sviluppo decisivo della manifattura capitalistico-borghese a partire dalla seconda metà del sec. 18° e, poi, l’avvento della produzione industriale (macchinismo). La macchina, mossa ormai da fonti d’energia a loro volta ottenute artificialmente (vapore, elettricità, ecc.) e costruita con parti anch’esse prodotte da macchine, costituisce la parte del capitale in grado di promuovere la divisione del lavoro rendendo al tempo stesso uniformi le caratteristiche del prodotto, di sostituire parzialmente l’impiego della forza lavoro umana e, insieme, di aumentare la capacità produttiva di quella impiegata. La civiltà contemporanea è talora detta civiltà delle m. in quanto caratterizzata dall’impiego crescente di macchine per lo svolgimento delle funzioni più diverse. In un’accezione più generale e recente, la macchina è un sistema capace di sostituire l’uomo anche in attività esecutive o addirittura organizzative, e di consentire quindi un potenziale risparmio dell’impegno umano in molte attività (con esclusione di quelle innovative e creative): tali nuove caratteristiche, e in partic. la possibilità di un limitato autocontrollo, dipendono dal più complesso rapporto che la macchina può oggi avere con l’ambiente, con il quale è collegata sia in senso recettivo sia in senso attivo da dispositivi di varia natura e funzione (sensori, memorie e attuatori), realizzando i sistemi dell’intelligenza artificiale (v. intelligenza, n. 1 d) e, più specificamente, i robot (v.). 2. In senso stretto, in fisica e nella tecnica, dispositivo capace di trasformare energia (in una delle sue diverse forme: elettrica, termica, cinetica, ecc.) in lavoro, lavoro in energia o lavoro in lavoro; in partic., congegno costituito da organi collegati in modo che determinate forze applicate (forze motrici) compiano lavoro in vista di un determinato scopo, vincendo certe altre forze (forze resistenti). a. In meccanica, m. semplici, denominazione generica di dispositivi statici capaci di equilibrare una forza (resistenza) con un’altra (potenza) di entità generalmente differente, cosicché la macchina stessa è detta vantaggiosa, svantaggiosa o indifferente a seconda che la potenza risulti minore, maggiore o uguale alla resistenza, o, il che è lo stesso, a seconda che il rapporto (vantaggio) tra la resistenza e la potenza sia maggiore, minore o uguale a uno; sono macchine semplici il cuneo, la leva, il piano inclinato, la puleggia, la vite, ecc. b. Nella tecnica, in base alla natura della trasformazione che vi si svolge, le macchine si distinguono in: m. motrici (o motori), che trasformano in lavoro meccanico energia elettrica, termica, cinetica, o di altra natura; m. generatrici (o generatori), che, inversamente alle precedenti, trasformano lavoro meccanico in energia elettrica (per es., alternatori e dinamo), in energia cinetica di fluidi in movimento (per es., pompe idrauliche), in energia potenziale di fluidi complessi (per es., compressori), ecc.; m. operatrici, che si servono del lavoro meccanico erogato da una macchina motrice per attuare le operazioni richieste dall’industria, dall’agricoltura, ecc. (macchine utensili, escavatrici, trasportatrici, ecc.); m. trasformatrici e trasmettitrici, che ricevono ed erogano lavoro meccanico modificando le grandezze da cui il lavoro stesso dipende (per es., i riduttori di velocità) o trasferendo il lavoro da un luogo a un altro (per es., trasmissioni a cinghie o a ingranaggi). In base alla natura dell’energia fondamentale in gioco (che può essere quella motrice, quella prodotta o quella trasformata), le macchine sono anche distinte in: m. elettriche, a loro volta classificate come m. rotanti, che sono le macchine elettriche propriamente dette (alternatori, dinamo, motori elettrici, ecc.), o m. statiche (generatori chimici, riscaldatori elettrici, oscillatori, trasformatori, ecc.); m. a fluido, nelle quali l’energia è posseduta da un fluido sotto forma di energia cinetica o di pressione o gravitazionale o termica (sono tali le m. idrauliche, in cui il fluido utilizzato, incomprimibile, è acqua, olio o altro liquido; le m. pneumatiche, nelle quali il fluido, comprimibile, è aria, o un altro gas, o un vapore; e quelle tra le macchine termiche in cui interviene un fluido); m. termiche, considerate in generale come quelle in cui la forma di energia utilizzata o quella prodotta è energia termica (e comprendenti quindi i riscaldatori elettrici, i generatori termoelettrici e gli scambiatori di calore), ma che vanno più propriamente definite come capaci di trasformare calore in lavoro o viceversa secondo i principî della termodinamica. Per la m. a vapore o motrice a vapore, v. motrice. c. In termodinamica, si definisce m. termica (o termodinamica) un dispositivo teorico che schematizza il funzionamento delle macchine termiche reali in quanto atte a produrre in un sistema termodinamico una trasformazione ciclica che comporti la conversione di calore in lavoro meccanico (o viceversa) secondo i principî della termodinamica; in partic., m. termica ideale, la macchina termica in cui la trasformazione presa in considerazione è reversibile: è tale la m. di Carnot, nella quale la trasformazione è il ciclo di Carnot (v. ciclo1, n. 3 e). 3. Con sign. generico, dispositivo, che incorpora meccanismi più o meno complessi, atto a svolgere una determinata funzione, per lo più indicata dalla qualificazione che accompagna il termine: m. per cucire (v. cucire); m. calcolatrice (v. calcolatrice); m. fotografica (v. fotografico); m. per scrivere (v. scrivere). 4. Con sign. diffuso soprattutto in passato, apparato costituito da più parti tra loro connesse, generalmente mobile ma non necessariamente consistente in congegni meccanici. In partic.: a. Nell’uso guerresco antico o medievale, ogni mezzo bellico destinato all’offesa, alla difesa e all’assedio (precisando, m. belliche, m. guerresche, m. ossidionali), sia quelle dinamiche, cioè le m. da getto (balestre, catapulte, mangani) e da urto o da percossa (arieti, montoni), sia torri o altre strutture con le quali si cercava di avvicinare o scalare le mura nemiche. Anche nel linguaggio letter. e poet.: Argante ... Quella m. eccelsa arder promette (T. Tasso), la torre d’assedio; o questa è macchina Contra a le nostre mura (Caro), con riferimento al cavallo di Troia. M. infernale, nome con cui furono chiamati dal sec. 16° in poi varî ordigni esplosivi da lanciare e far scoppiare contro le linee nemiche; ma indicò anche, in genere, ogni arma da fuoco: La machina infernal ... Prima portata fu tra gli Alamanni (Ariosto). b. Nella scenotecnica teatrale, nome (anche, specificando, m. teatrali) dei varî congegni ideati e costruiti per produrre un determinato effetto meccanico richiesto nella rappresentazione scenica: piattaforme spostabili verticalmente per l’innalzamento e la discesa di attori attraverso aperture del palcoscenico (o per far ruotare questo in rapidi cambiamenti di scena), fili di acciaio manovrabili per effettuare voli di personaggi, congegni per simulare i movimenti del mare, per rappresentare sulla scena naufragi, incendî, crolli, inondazioni, per imitare i rumori del vento, del tuono, della pioggia, ecc. (effetti, questi ultimi, che nella scenotecnica moderna si ottengono con proiezioni fisse o animate e con la riproduzione di registrazioni sonore). Alcuni di tali dispositivi erano conosciuti, sia pure in forma rudimentale, già nel teatro antico e costituivano parte integrale della messinscena del teatro greco classico; tra essi, spec. noto un praticabile mobile (detto in gr. ϑεολογεῖον) congegnato in modo da produrre l’apparizione nelle parti elevate della scena di una o più divinità, che spesso davano alla trama lo scioglimento finale (intervento che, imitato nel teatro latino, ha dato origine all’espressione deus ex machina, ancora in uso con sign. fig.). c. Nella tradizione popolare, nome di quelle caratteristiche costruzioni lignee riccamente decorate, a forma di enormi ciborî o di guglie, ornate di statue e di simboli sacri che, secondo un antico uso ancor vivo, si portano processionalmente nelle ricorrenze sacre, in alcune città : la m. di santa Rosa, a Viterbo; la m. del Redentore, grande, roseo, bellissimo, con gli occhi celesti e un’incredibile ferita sul fianco, che si porta in processione la sera di sabato Santo (Cardarelli). d. M. volante: una delle prime denominazioni con cui furono indicati gli aeromobili. 5. Con uso estens., il termine indica inoltre sistemi formali di tipo logico suscettibili di essere concretizzati in meccanismi o (oggi più spesso) in circuiti elettrici o elettronici anch’essi detti macchine (o m. di calcolo, m. logiche, ecc.): a partire dai primi dispositivi meccanici atti a eseguire somme e sottrazioni (m. di Pascal, 1642) o anche operazioni più complesse realizzate come sequenze di operazioni semplici (m. di Leibniz, 1671), si giunge alla progettazione di sistemi meccanici programmabili basati sull’impiego di schede perforate per la trattazione di dati numerici (m. analitica, progettata dall’inventore ingl. Ch. Babbage nel 1835), mentre, nei calcolatori elettronici digitali realizzati fin dal secondo dopoguerra, l’elaborazione è ottenuta mediante circuiti elettronici e non più utilizzando dispositivi meccanici. L’uso più astratto del termine ricorre, in cibernetica e in informatica, in varie locuz.: per es., teoria delle m., lo studio delle analogie funzionali tra le macchine (intese come sistemi fisici che manipolano informazioni in modo controllato) e i meccanismi del cervello umano (apprendimento, memoria, soluzione di problemi, ecc.) o, più in generale, i meccanismi biologici e fisiologici caratteristici di tutti gli esseri viventi; m. formali (o automi), sistemi formali che costituiscono modelli discreti del comportamento di macchine o dispositivi automatici reali o realizzabili; in partic., m. di Turing (dal nome del matematico ingl. A. M. Turing, 1912-1954), macchina formale che si considera costituita da una memoria capace di ritenere un numero finito di istruzioni e da un nastro (che può scorrere nei due sensi) diviso in campi, ciascuno dei quali può contenere un simbolo di un alfabeto finito: esaminato il simbolo, la macchina, in base al valore di questo e alle istruzioni memorizzate, può modificare uno o più simboli e portarsi in una nuova posizione rispetto al nastro (cosicché viene a costituire un modello astratto per ogni algoritmo effettivamente costruibile). M. algoritmiche, espressione con cui si indicano in generale i sistemi artificiali che elaborano informazione, senza rapporti con il mondo esterno (calcolatori) o in rapporto, solo attivo oppure anche recettivo, con esso (robot). Nelle tecnologie educative, e in partic. nell’istruzione programmata, m. per insegnare, apparecchiatura per lo più di tipo eletromeccanico o elettronico (nei sistemi più recenti collegata a un elaboratore elettronico), in grado di fornire all’allievo informazioni sotto forma di domande cui segue la valutazione automatica delle risposte da lui date, consentendo un apprendimento graduale, autonomo e controllato. 6. In usi assol., il termine indica comunem.: a. L’automobile: farsi la m., comperarsi l’automobile; una m. sportiva, utilitaria, fuoriserie; salire in m., scendere dalla m., fare una gita in m.; guidare la macchina. Nello sport, in gare automobilistiche, o anche ciclistiche, motociclistiche, la lunghezza del veicolo, in quanto usata come misura del distacco di uno dei concorrenti da quello che lo segue immediatamente: lo ha battuto di una macchina. b. La locomotiva del treno: questo espresso fa una sosta di 10 minuti in stazione per il cambio della macchina. c. In marina, l’apparato motore di una nave, soprattutto nelle espressioni personale, ufficiali, capitano, direttore di macchina, e giornale di macchina (v. giornale2). Anche, per estens., il locale dove sono gli apparati motori: scendere in macchina (ma anche, con espressioni ellittiche, in locale macchina o in sala macchine). d. Nel linguaggio tipografico, le macchine da stampa (in piano o rotative): il giornale va in m.; apprendiamo, mentre andiamo in macchina, ..., nel momento di procedere alla stampa del giornale. Per i diversi tipi di macchina da stampa, v. stampa. e. La macchina per scrivere: battere a m.; lettera scritta a m., dattilografata. f. La macchina fotografica o, anche, la cinepresa oppure la telecamera: le vecchie m. a soffietto, a cassetta; una m. con obiettivi intercambiabili. g. L’elaboratore elettronico, soprattutto in alcune espressioni e frasi, come codice di m., linguaggio di m., tempo di m. (spesso abbreviate in linguaggio macchina, tempo macchina), errore di m., ecc., o chiedere l’uso della m., i risultati dati dalla m., e sim. h. In locuzioni partic., con sign. generico, che si precisa di volta in volta nel contesto: lavoro fatto a m., in contrapp. al lavoro fatto a mano; biancheria cucita a m., con la macchina per cucire; far andare la m., mettere in moto la m., fermare la m., riparare la m., ecc.; fare m. indietro, lo stesso che fare marcia indietro, cioè far retrocedere l’automobile o la locomotiva eseguendo opportuna manovra (fig., di persona, ritornare sulle proprie decisioni, desistere da un tentativo, ritirare una promessa, e sim.). 7. Usi fig.: a. Costruzione architettonica che abbia carattere di grandiosità e di complessità: Renzo, salito ... sul terreno più elevato, vide quella gran m. del duomo sola sul piano (Manzoni). b. Complesso di più parti o elementi, in quanto costituiscono un tutto unico sapientemente organizzato e regolato: la m. del mondo, l’universo; Come orna il sol la machina del mondo (Ariosto); ammirazione ingenua per la m. delle stelle, così esatta nella sua grandezza sovrumana (Bacchelli). Analogamente, per influsso delle concezioni fisiologiche meccanicistiche tipiche del Settecento, la m. umana, l’organismo umano nel suo complesso; e con riferimento più diretto al sign. proprio della parola: il nostro corpo è una m. molto complicata; anche di singoli organi, con riguardo al funzionamento: il cuore è una m. perfetta. c. Nel linguaggio giornalistico, complesso di organismi, poteri, attività, interdipendenti tra loro in un rapporto di forze, o miranti al raggiungimento di un determinato scopo, o collegati per lo svolgimento di determinate funzioni: la m. dello stato, l’insieme degli organi statali; e così, la m. della burocrazia, la m. della giustizia, e sim.; m. elettorale, il complesso dei mezzi e delle operazioni necessarî per condurre una campagna elettorale (con altro senso, l’organizzazione tecnica e amministrativa messa in funzione dallo stato, e spec. dal ministero dell’Interno, per consentire lo svolgimento delle consultazioni elettorali). d. In pittura e scultura (con termine in uso soprattutto nella storiografia artistica del sec. 18°), grande figurazione decorativa di carattere scenografico. e. In opere letterarie, l’intreccio degli avvenimenti narrati o rappresentati, soprattutto se complesso e macchinoso: la m. del romanzo, del poema, della tragedia. f. Intrigo, maneggio, imbroglio, o altra macchinazione: i più presumono, e vanno susurrandosi agli orecchi l’uno con l’altro, che è una m. mossa da quel prepotente di don Rodrigo, per rovinare il suo povero rivale (Manzoni). g. Come termine di similitudine, detto di persona che sembra agire senza idee proprie e una propria volontà, o si muove e opera in modo meccanico, o dice e ripete cose imparate a memoria: essere, diventare una m., sembrare una m.; sono un uomo io, non una macchina! (anche con altro senso, per rifiutare lavori troppo faticosi ed estenuanti, o operazioni meccaniche e ripetitive). ◆ Dim. macchinétta (v.), macchinina (in qualche uso anche macchinino m.); spreg. macchinùccia; accr. macchinóna, e macchinóne m.; pegg. macchinàccia.
Fonte: Treccani.it