Landscape Stories: Che cosa rappresenta per lei la fotografia? Perché fotografa?
Daniele De Lonti: La produzione di immagini è un linguaggio con radici antiche, da sempre l’uomo cerca di dare una forma alla percezione del mondo e in questa operazione ha sviluppato nel corso del tempo diverse tecniche e tra queste la fotografia. Credo che la fotografia permetta, grazie ad una tecnica di semplice acquisizione, di dedicare molta attenzione al senso nella produzione di immagini. Fotografo perché fotografare è così semplice e complicato e perché un’attrazione iniziale si è trasformata in passione.
Landscape Stories: Quanto la sua ricerca fotografica è stata influenzata dal suo immaginario culturale e artistico? In che modo la sua curiosità intellettuale ha alimentato e dato forma ad essa?
Daniele De Lonti: Direi che il nostro modo di strutturare pensiero è alimentato dalla dimensione culturale e artistica in cui siamo immersi e che il bisogno di dare forma all’indagine sui nostri pensieri è la molla che alimenta la nostra curiosità, il risultato è che l’immagine prodotta, oltre la riproduzione del mondo esteriore, racconta del mondo interiore del suo autore.
Landscape Stories: Nella sua esperienza professionale in che modo si sono sviluppati i rapporti con la fotografia commerciale, la ricerca, il collezionismo? Quali sono i limiti rappresentati da una committenza spesso priva di una cultura fotografica?
Daniele De Lonti: Non credo di poter rispondere a questa domanda, troppo limitata è la mia esperienza rispetto a un mondo complesso che richiede mediazioni alle quali non sempre è giusto sottomettersi.
Landscape Stories: Quanto la fotografia le è stata d’aiuto per la comprensione della realtà e di se stesso?
Daniele De Lonti: Molto, ma più che per la comprensione della realtà, la produzione di immagini ha svolto un ruolo terapeutico sul mio essere, mi ha permesso di esplorare i miei silenzi e alimentare i miei pensieri. Le immagini nascono da un’idea di base ma è lavorando che prendono corpo e definiscono i loro contorni. L’immagine prodotta lascia così intravedere una eco poetica alle domande poste dal pensiero e risolte nel silenzio del lavoro.
Landscape Stories:A proposito del suo libro “Viaggio in Italia”… Il suo lavoro contiene ritratti di luoghi fortemente identitari della nostra penisola. Come individua progetti e luoghi che considera interessanti per la sua ricerca?
Daniele De Lonti: Bisogna considerare che quel progetto è, per me, un vagabondaggio in Italia, mi permette di attraversare la penisola nel mese di maggio, forse il mese migliore per il clima nel mediterraneo. Anticipo il percorso del giro e quando trovo una scena che mi soddisfa mi fermo e attendo il passaggio dei ciclisti, non determino io il percorso, e scopro un’Italia minore che altrimenti non avrei attraversato. L’idea mi è venuta quando nella memoria mi è riaffiorato il ricordo di una giornata trascorsa a Colorno con Luigi Ghirri, una giornata con il cielo terso e la facciata della reggia era in pieno sole, noi eravamo tranquillamente seduti ad un tavolino ad attendere il passaggio del giro. Nel tempo dell’attesa la strada si è andata lentamente riempiendo di persone fino a creare un corridoio umano e dopo qualche ora di attesa condivisa, finalmente i ciclisti in gruppo sono passati, pochi secondi e tutto è successo poi la folla si è diradata e siamo rimasti seduti a guardare la facciata della reggia di Colorno ancora inondata di sole.
Da questo frammento di memoria nasce questo progetto, è un mio personale omaggio a Ghirri.
Landscape Stories: Lavorare in Italia e vivere in questo paese vuol dire essere circondati e immersi nella bellezza, nella storia, nella memoria. Cosa significa per lei lavorare in Italia? In che misura è influenzato dall’ambiente e dai luoghi in cui è cresciuto?
Daniele De Lonti: Vuol dire anche essere circondato dall’arroganza della mediocrità, dalla sofferenza per lo sfregio alla bellezza. Alle altre due domande non saprei rispondere, sono nato e vivo in Italia.
Landscape Stories: Didattica e fotografia: criticità e potenzialità della situazione italiana…
Daniele De Lonti: Non conosco così bene il panorama italiano della didattica, ma dalla mia piccola esperienza posso dire che ho trovato studenti molto interessati all’uso dell’immagine come indagine personale liberando le immagini dal limite della trascrizione letterale. La fantasia del profondo incoraggia a guardare il mondo con altri occhi, a leggere ogni immagine come parte che ci costituisce.
Landscape Stories: Lei ha lavorato per parecchi anni a stretto contatto con Luigi Ghirri. Quanto la sua influenza umana e professionale è stata importante per il suo percorso artistico.
Daniele De Lonti: Mi piace pensare di avere adottato Luigi Ghirri come padre, perché come un padre mi ha insegnato molto e come maestro è stato un maestro silente.
Landscape Stories: In Italia ci sono stati progetti collettivi come “Viaggio in Italia” (1984), “Archivio dello spazio” (1987-1997), Linea di Confine (1990-), Venezia-Marghera (1997 e 2000), capaci di aggregare fotografi anche molto diversi e di creare occasioni di confronto molto importanti per lo sviluppo di una visione identitaria del territorio e del paesaggio. Nella sua opinione come sono mutate quelle esperienze? Che idea ha della fotografia italiana oggi? Quali sono i fotografi italiani che le interessano maggiormente?
Daniele De Lonti: C’è stato un periodo alla fine degli anni 90 in cui le commesse collettive di lettura del territorio hanno trovato un’interesse diffuso, ha alimentato la speranza di molti giovani autori e ha caratterizzato la produzione di quegli anni fino alla costituzione di un museo della fotografia a Cinisello Balsamo e di diverse raccolte pubbliche. Credo che oggi siano cambiate molte cose, che non sia più il caso di parlare di fotografia italiana ma di individuare radici mediterranee all’interno della produzione di immagini occidentale. Lo specifico che mi interessa non è la fotografia come risultato dell’uso di uno strumento tecnico ma la produzione di immagini capaci di sollecitare pensiero.
Landscape Stories: *A cosa sta lavorando attualmente? Quali progetti ha in mente per il 2014?
Daniele De Lonti: Ho appena concluso una cartella con una serie di immagini fatte nel planetario di Milano, una ricerca sulle mappe per l’infinito che ho chiamato DE SIDERA e da qualche mese sono affascinato dalla forma delle montagne che si intravedono nelle notti senza luna. Luigi Ghirri parlava del suo lavoro come di un grande diario personale, Frank Gohlke a una domanda simile, durante un laboratorio di Linea di Confine, rispose “Io sono il mio progetto”.
Dopo tutti questi anni di lavoro credo di averne capito il significato.
Daniele De Lonti in LS 1o | Sports
Intervista a cura di Gianpaolo Arena