Landscape Stories: Attraverso quale percorso lei si è avvicinato all’arte? E soprattutto cosa la ha spinta verso la fotografia? Quali sono i suoi artisti preferiti e perché?
Andreas Weinand: Ho sempre sognato di poter divenire un fotografo; l’unica professione che immaginavo per me fin dall’infanzia.
Una gita a Berlino, organizzata dalla scuola nel 1977, un anno prima della maturità, mi aprì gli occhi sulle possibilità di espressione artistica. Visitai la mostra Tendenze del Ventesimo Secolo, vidi The Pillars of Society di George Grosz (1926) e l’autoritratto del 1927 di Christian Schad: colpirono i miei sensi. La scoperta di queste e altre opere suscitò in me la fiducia di poter trovare una strada per esprimere ciò che sentivo e che, fino ad allora, era rimasto sepolto.
C’è tutta una serie di artisti che considero rilevanti per me. Tra i fotografi Diane Arbus è la preferita. Mi piace il suo forte approccio visivo dove si trovano sia la curiosità che il senso della vulnerabilità umana. In pittura il mio interesse è per Jan Van Eyck; il suo Man in a Red Turban (1433) è il ritratto che più apprezzo. E in letteratura come non pensare al Don Chisciotte di Cervantes: Sancio Panza è un tale filosofo!
Landscape Stories: Quali tendenze e quali fotografi trova più interessanti oggi? Quali sono gli artisti emergenti che segue?
Andreas Weinand: Oggi tutti siamo in grado di scattare istantanee con il cellulare o con delle semplici macchine digitali automatiche. Questa onnipresenza del ritrarre la vita di tutti i giorni in immagini è un fenomeno contemporaneo che pone nuove domande alla fotografia. E a me questo entusiasma, sono interessato a una fotografia che affronti questioni vitali.
Landscape Stories: Cos’ha in mente che vorrebbe realizzare? Come sviluppa i suoi progetti? Quale l’intento e il metodo?
Andreas Weinand: Tutto comincia con un interesse vago per un soggetto, rifletto su come renderlo concreto, non so ancora come andrà a finire né tantomeno ho un titolo in testa. L’idea esiste come un sentire; si sviluppa a un livello che sta al di sotto della coscienza. Pian piano entro più a fondo nel tema, scopro più aspetti e la sensazione mi si fa più cosciente. Finalmente visualizzo contenuto che non avrei potuto nemmeno immaginare all’inizio.
Landscape Stories: Ha partecipato alla scena punk? Che tipo di musica ascoltava allora e che tipo oggi?
Andreas Weinand:Nato nel 1958 ero troppo giovane per essere un hippy e troppo vecchio per diventare un punk, anche se questo spirito incontrava i miei sentimenti. Ho preso ispirazione da più parti, ma ho sempre puntato a vivere un mio proprio stile. Sono cresciuto e sono andato a scuola a Dusseldorf; la città ha avuto una scena musicale e artistica vivace: Joseph Beuys, Fluxus, la musica elettronica (Kraftwerk) e il punk rock era nell’aria. Mi piaceva molto Frank Zappa, Iggy Pop e altri. Una gran cosa fu scoprire il free jazz nel 1978 al Moers Festival. Avevo appena comprato una macchina fotografica e mi sono trovato a fotografare sul palco dove l’Art Ensemble of Chicago si esibiva. Così la mia mente si aprì e puntò verso l’arte.
Landscape Stories: Ritiene importante interagire e parlare coi suoi soggetti prima dello scatto? Le capita mai di cercare di nuovo persone fotografate in passato per farne un nuovo ritratto?
Andreas Weinand: Penso sia fondamentale interagire con le persone che voglio fotografare. Quando sento che la comunicazione verbale è ostacolata utilizzo quella non verbale. Ma questa è una eccezione. Lavoro su progetti a lungo termine per cui finisco sempre per stringere rapporti con chi fotografo.
Con Melanie di Colossal Youth ho mantenuto un contatto in tutti questi anni. È nonna da quattro anni e questo vuol dire che Fee, la bimba delle foto, è madre. Ho continuato a fotografare Melanie e le sue figlie. Specialmente Fee e sua figlia Amelie. Allo stesso modo ho continuato a filmare e fotografare Margaret e Walter di Good Earth. Raccogliere e combinare foto appartenenti a diversi periodi è un aspetto importante del mio lavoro fotografico.
Landscape Stories: Tutte le persone nelle sue foto sono così naturali, come riesce a ottenere questo risultato? Come si arriva a questo stato nella pratica artistica? Arriva già con delle idee ben precise su come fotografare delle persone o si lascia guidare da loro?
Andreas Weinand: La ringrazio per il complimento. È il mio approccio che fa sì che persone e scena restino naturali, guardo loro come a una vista congelata. Questa è la mia idea ed è ciò che cerco di realizzare: entrare in una certa prospettiva in un certo momento.
Seguo ciò che mi interessa, lascio che l’intuizione lavori. Da quando faccio ritratti ho iniziato a parlare con le persone che ne sono protagoniste. Non mi piace costruire scene artificiose né impartire istruzioni. Lascio che la situazione si sviluppi anche se sono consapevole che la mia presenza non può che avere un impatto sulla situazione. La mia sfida è quella di affrontarla creativamente.
Landscape Stories: La fotografia è utile per capire il mondo, è in grado di dissolvere dubbi e far superare le incertezze?
Andreas Weinand: Scattare fotografie in modo documentario ha a che fare con l’inquadrare e il selezionare. Posso portare attenzione su un aspetto o ignorarlo. Le immagini possono sia radicarsi nella realtà che spingersi nella finzione pretendendo di esser vere. Si tratta di scoprirle. La fotografia fa parte del modo in cui riflettiamo sulla vita. Incertezze e dubbi sono inevitabili e indispensabili per trovare il proprio stato d’animo.
Landscape Stories: A partire dalla sua esperienza, quale è il limite entro cui si può insegnare fotografia? Quali i punti di forza e quali le debolezze?
Andreas Weinand: L’insegnamento è un processo comunicativo. Si tratta di incoraggiare gli studenti a credere nelle proprie abilità, dare spazio per un aperto scambio di idee, richiedere impegno. L’insegnamento ha a che fare con le nuove esperienze, pensare e guardare realizzazioni fotografiche e promuovere un uso deliberato delle competenze tecniche. Risultati e qualità non possono essere forzati. Le capacità creative possono essere ispirate ed evocate. Si può promuovere una ricerca duratura mediante una guida rispettosa.
Landscape Stories: Può dirci qualcosa di più sulla sua collaborazione con l’editore berlinese Peperoni Books?
Andreas Weinand: È una collaborazione della quale sono molto felice. Hannes Wanderer, attraverso un design irresistibile, ha trasformato le mie immagini nei libri Colossal Youth e Good Earth. Abbiamo lavorato fianco a fianco sfogliando serie di immagini e discutendo fino a che non ne siamo rimasti entrambi soddisfatti. Confido nella sua lunga esperienza nel fare libri e sulle sue conoscenze relative al processo di stampa.
Landscape Stories: Ha delle preferenze relativamente a macchine fotografiche e formati?
Andreas Weinand: Continuo a utilizzare macchine analogiche sebbene fotografi anche in digitale; dipende dalle circostanze. I progetti che sento più vicini e più cari li realizzo su negativo, come ho sempre fatto. Preferibilmente con la Makina 6×7 che uso da trent’anni. La utilizzo in un modo molto intuitivo.
Landscape Stories: Ci suggerisce tre libri fotografici che le sono piaciuti?
Andreas Weinand: I libri di Larry Clarck Tulsa e Teenage Lust, quando mi sono avvicinato alla fotografia, mi avevano fatto desiderare di aver realizzato foto durante i tempi della scuola, quando non sapevo cosa fare della mia vita. Poi Ballad of Sexual Dependency di Nan Goldin. L’ho visto verso la fine degli anni ottanta quando avevo già trovato la mia strada. Tre pietre miliari, da studiare.
Andreas Weinand “Colossal Youth”
FLIRT portrait photography workshop con Andreas Weinand a Venezia, 5-7 Giugno 2015
Intervista a cura di Gianpaolo Arena
Traduzione a cura di Sergio Tranquilli